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Naughty Dog mette alla frusta PS3 e confeziona un capolavoro.

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nanni990011
view post Posted on 26/10/2011, 14:26     +1   -1




Considerato il legame di Uncharted con il cinema di stampo avventuroso, non stupisce affatto che sia profondamente difficile sviscerarne i punti di forza senza passare attraverso la descrizione visiva dei suoi momenti migliori, con tutti i problemi che la cosa comporterebbe in termini di spoiler. D'altro canto, non solo Naughty Dog non ha mai tentato di nascondere i punti di riferimento della saga, da Topkapi a Indiana Jones fino a La Mummia, ma ha sottolineato ogni punto di contatto nei due capitoli precedenti con una tale sorniona insistenza che viene naturale giudicare Uncharted 3: L'Inganno di Drake secondo gli stessi criteri di una pellicola di genere. In effetti, potremmo limitarci a "vi terrà sul bordo della sedia per tutta la sua durata!", "elettrizzante!", "vi lascerà a bocca aperta!", o altri strilli da locandina, e sarebbe tutto vero. La sensazione di essere immersi in qualcosa di straordinario, o di essere immerso in un'esperienza cinematografica "larger than life", è pressoché costante. Ma Uncharted 3 è molto più delle sue citazioni: definirlo uno sterile copia e incolla, un affastellamento di rimandi e citazioni, ancorché furbe e ben confezionate, sarebbe miope prima che ingeneroso. Quando un titolo fa suo ogni aspetto del genere di appartenenza, quando interpreta in modo così puntuale i punti di forza della materia di ispirazione, e ne usa gli strumenti con tale perizia, non si può più parlare di copia, ma della quintessenza stessa del genere.
In modo non troppo diverso da Mass Effect per la fantascienza o Red Dead Redemption per il western, Uncharted incarna il genere avventuroso e lo declina in senso ludico alla perfezione, senza alcun complesso riguardo alla semplicità di fondo dell'esperienza (che spogliata di ogni valutazione di merito rimane un "semplice" action game in terza persona come i due capitoli precedenti), e una coscienza precisa dei propri punti di forza e di come capitalizzarli.





NON C'È TRUCCO E NON C'È INGANNO

Questa volta la caccia al tesoro di Drake ha come obiettivo la leggendaria Atlantide delle Sabbie, luogo di "fortuna e gloria" cui già il corsaro Francis Drake, John Dee e Lawrence d'Arabia diedero la caccia. Inutile tirar fuori Sahara di Wilbur Smith con un sorrisino: l'intreccio in sé, roba di società segrete, reliquie, tradimenti e pericoli, è funzionale all'infilata di location via via più esotiche ed evocative e al loro sfruttamento in chiave spettacolare. Dagli umidi vicoli di Londra a un museo in Colombia, da uno chateau in rovina nei boschi della Francia a un affollato mercato mediorientale, la trama unisce con le linee tratteggiate degli interludi di Indiana Jones tutti i luoghi dell'immaginario avventuroso di un secolo e rotti di narrativa di genere, ma si prende anche il lusso di offrire un cattivo epocale come l'algida Katharine Marlowe (Judi Dench e Helen Mirren si caverebbero gli occhi l'un l'altra per interpretarla al cinema), un comprimario in grado di bucare lo schermo in due battute (grazie soprattutto all'accento cockney del doppiaggio originale), e alcune cosine di contorno, tipo un paio di rivelazioni e colpi di scena che cambiano radicalmente le carte in tavola sulla serie, e sulle quali è bello tacere. Nonostante le ambizioni tutto sommato modeste, la storia è supportata da una sceneggiatura eccezionale per la capacità di tratteggiare i personaggi (entrambe facilmente al di sopra di ogni cosa abbia prodotto Hollywood negli ultimi anni), e da un raro senso del ritmo dei dialoghi. Tutto questo sottolineato da un doppiaggio ottimo in italiano, ma davvero fuori scala in originale, e da una colonna sonora del solito Greg Edmonson che, nonostante qualche ripetizione di troppo, vediamo già a giocarsela con Batman: Arkham City per il titolo di top del 2011. Chi fosse digiuno della serie, peraltro, non dovrebbe preoccuparsi. Al di là di un paio di sottotesti relativi ai trascorsi di Nathan con la bella Chloe (riferiti al secondo capitolo), non ci sono grossi buchi da colmare. Al contrario, il gioco risulta perfetto come punto di partenza per i rimandi al passato dei protagonisti.
 
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