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La leggenda di Sohria - Potere sopito, 8° capitolo romanzo fantasy online

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view post Posted on 29/2/2012, 15:29     +1   -1




Quel giorno, molte terre furono scosse dal cupo fragore di spade incrociate: si trattava degli ennesimi attacchi sferrati dall'impero ai paesi limitrofi. Le vittime, la devastazione, e il malcontento procurati sia ai vincitori che ai vinti non erano stati sufficienti a impedire il ripetersi di quei massacri: case bruciate, innocenti massacrati, e famiglie distrutte, erano il terribile bilancio appuntato sui rapporti dei comandanti. E quelle guerre non sarebbero finite, non avrebbero avuto un termine finché ci sarebbe stato ancora un territorio da conquistare, una miniera di cui impadronirsi, una sorgente da controllare, poiché i fautori di tali scempi, coloro che reggevano i fili di tali macchinazioni, non conoscevano il caro prezzo del sangue, non sapevano cosa volesse dire camminare attraverso i cadaveri, e non vedevano con gli occhi dei loro soldati le atrocità delle quali erano responsabili. Solo un uomo, conscio di tanta sofferenza, era incapace di provare il benché minimo rimorso: si trattava ancora una volta di Gangiorg.
Qualunque fossero i suoni capaci di destare interi villaggi in quel tiepido pomeriggio, era certo che dalla torre più remota del suo castello, ove il silenzio regnava eterno, non se ne potesse avere neppure il minimo sentore. dall’alto della sua finestra, egli scrutava, con la fronte increspata dalla maestosità dei suoi pensieri, le immense lande desertiche che gli si presentavano dinnanzi.
'Un mondo immenso, sconfinato, tutto per noi, e questi stupidi che infestano le nostre città non si chiedono neanche che cosa ci sia aldilà del loro naso…' pensò Gangiorg, osservando le tracce del vento nelle forme delle dune, 'da nord a sud, in questo deserto sono tutti assopiti nella loro presunta libertà: chiusi, incapaci di immaginare
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che la vita si spinga oltre la monotonia di un misero villaggio, di un recinto o di una casa. Io stesso, che so di conoscere molto di più di un comune altro uomo, un giorno morirò col rimpianto di non essere riuscito a scoprire tutto di questo mondo. Ma quest’anno si farà un passo avanti: scoprirò finalmente ciò di cui parlano i profeti nei loro scritti, ci riuscirò' si disse, 'quegli scritti...la loro veridicità sta alla base di tutta la nostra storia: parlano dell’inizio, del principio, del perché esistiamo e ci ritroviamo tutti insieme qui a calpestare la sabbia di queste lande desolate. Dicono che in passato una forza, una calamità incredibile, un potere sovrannaturale colpì la nostra terra distruggendo tutto ciò che la occupava: da allora cominciò la nostra storia. Ad allora risalgono le prime, rudimentali testimonianze della nostra civiltà. E il segreto di questo potere incredibile è nascosto lì, proprio davanti alle nostre mani, nello specchio, lo specchio rivelatore. Troppi giorni e troppe notti passate a esaminarlo, a tentare di sviscerarne gli arcani meccanismi. Troppo tardi mi sono accorto quanto le profezie avessero ragione anche su questo: solo i prescelti sono in grado di svelare il passaggio nascosto nello specchio. So già cosa accade quando vi si avvicina un prescelto: sette anni fa, nonostante i fastidiosi intoppi creati da quei maledetti custodi, siamo riusciti a catturare due prescelti. Una volta presentati al cospetto dello specchio, scomparvero, avvolti da quella misteriosa luce azzurra...scomparvero per non tornare mai più. Ancora oggi mi chiedo quale sia stato il loro destino: cosa si cela dall'altro lato dello specchio?
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Altre terre? Mondi diversi? Una nuova dimensione? Oppure la distruzione, l’oblio al suo stato elementare, come lasciano intuire alcune antiche fonti? O forse qualcos'altro…Spero di scoprirlo presto', Gangiorg si voltò, e diede le spalle alla finestra, 'spero che quei ridicoli custodi capiscano quanto possa essere pericoloso andare contro il mio impero. Se non dovessero arrivarci da soli, ci penseranno i miei uomini a rendere loro il concetto più chiaro…I custodi: che buffonata! Pretendono di avere interpretato gli antichi scritti meglio di ogni altri, e di averne estratto la verità: sono convinti che il segreto della forza suprema che ha dato origine al nostro mondo debba rimanere custodito, altrimenti, una terribile catastrofe si abbatterà sulla nostra terra, e, come al principio, sarà di nuovo la fine. Almeno, questo è quanto asserirono nella loro ultima trattativa di diciotto anni fa. Stupidi, pensano davvero di potersi ribellare così all’impero? Sono davvero ligi al loro credo fino a questo punto? Sacrificherebbero davvero il progresso della nostra civiltà a causa di qualche diceria infondata? Io non ci rinuncerei per nulla al mondo. Non mi importa di quanto sangue sarò costretto a spargere per raggiungere questo obbiettivo: scambierò l’inutile e accidiosa vita di molti per la conoscenza della verità, per qualcosa per cui vale davvero la pena lottare, per un solo uomo: me, Gangiorg!', sogghignò fra sé e sé, e in un impeto d’enfasi strinse il voluminoso manico dello spadone legato alla sua cinta.
A un tratto si udì l’eco di dei passi rimbombare fra le mura di pietra di uno dei corridoi del castello.
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3

Un servo, dopo avere bussato, e aver atteso il permesso di entrare, spalancò la spessa porta in metallo della stanza, e si inchinò dinnanzi alla minacciosa figura del suo padrone.
“Il venerabile senatore Giasu chiede il permesso di essere accolto, mio signore” disse.
“Fallo entrare” tuonò la voce di Gangiorg.
Il servo, fulminato dallo scuro sguardo del suo signore, si congedò, e lasciò la via sgombra all'ospite, che fece la sua entrata con passo malfermo.
“Qualche notizia?” chiese Gangiorg, fremente.
“Ancora non molto” dichiarò Giasu, con la sua voce rantolante, “ma sta tranquillo: Cohd, Arohn e Seth sono in buone mani”.
“Questo lo so anche io: ho mandato cinque dei miei cavalieri di viverna con le tue unità a Seidirèe, e l'ho fatto proprio per assicurarmi che quei tre non avessero scampo” disse Gangiorg.
“Le probabilità sono a nostro favore: sono tra i nostri uomini più preparati, e sono comandati da una delle mie migliore allieve. Il berillio amaranto non mi ha mai deluso” gracchiò Giasu, mentre avanzava oltre l'ingresso.
“Quella Deferkik non mi ha mai ispirato troppa simpatia. Inoltre ho visto palle di fuoco lanciate con maggiore destrezza...”.
“Ma non da gente ancora viva: nessuno tra noi è migliore di Deferkik quando si tratta di rispondere al fuoco con il fuoco” disse Giasu, roteando il suo unico occhio in giro per la stanza.
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“Questo è vero. Però, penso comunque ci siano comandanti migliori di lei: Duhn, ad esempio”.
“Non lo metto in dubbio. Perché non è stata chiesta la sua partecipazione?”.
“A Seidirèe? No, non era il caso: voglio immischiarlo in questa faccenda il meno possibile. Inoltre non lo vedo più in giro: vorrà dire che sta già indagando sulla «questione prescelti» per conto suo. E' fatto così lui”.
“In effetti si dà sempre molto da fare”.
“Troppo” affermò con secchezza Gangiorg.
“Comunque ho dato ordine a Vital di seguire gli spostamenti di Deferkik a sua insaputa: sarà pure un'allieva affidabile, ma è pur sempre poco più di una ragazzina” gracchiò Giasu.
“Hai fatto bene. Almeno, la riuscita o il fallimento della missione non dipenderanno solo da quella smorfiosetta. Con Vital mi sento più al sicuro: lui è uno che sa il fatto suo”.
“Già, è vero. Ma, tornando a noi: avrei in serbo qualcosina che potrebbe contribuire ad alleviare quest'attesa, e a risollevare il nostro morale. Tra l'altro abbiamo con noi un prigioniero: un custode”.
“Interessante” disse Gangiorg, osservando lo scintillio dell'occhio smeraldino del senatore.
Giasu lo condusse per le segrete del castello, fino a una sala buia, distante da tutte le altre.
“Queste sono le antiche sale delle torture” disse Gangiorg, cercando di intravedere qualcosa intorno a lui.
“Esatto. Questa qui, in particolare, era la stanza reclusione ostaggi. Attenzione, perché davanti a noi c'è una grande inferriata, e non dobbiamo camminarci sopra. Ciò che volevo mostrarti si trova sotto di essa”.
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Tirò una corda che fece roteare un lunotto di vetro sulla parete. Attraverso l'apertura, della luce cominciò a filtrare all'interno della stanza.
“In realtà non avrei dovuto condividere i risultati di questa nostra «ricerca» con nessuno prima del prossimo capitolo, ma non sono riuscito a resistere alla tentazione di arrivare subito al dunque” disse Giasu.
“Prossimo capitolo? Ma perché devi sempre parlare in modo figurato?” gli chiese Gangiorg.
“Cosa posso dire? Mi piace. Comunque, bisogna osservare ciò che si trova aldilà delle sbarre: lì c'è il nostro ostaggio, mentre, dall'altra parte...” cominciò Giasu, iniziando a roteare una pesante manovella, “c'è quello che volevo mostrare”.
Gangiorg notò un movimento nella penombra sotto di loro.
“Di che si tratta?” chiese.
“E' un revìv”.
“Non sembra affatto”.
“E' proprio questo il bello: basandoci sui resoconti dei nostri infiltrati nei quartieri generali dei custodi abbiamo apportato delle modifiche ad alcuni esemplari catturati nei cimiteri abbandonati di Doona, Nabell, e reperiti nelle fosse di Harlei”.
“Che tipo di modifiche?” lo incalzò Gangiorg, mentre tentava di scorgere la creatura.
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“Abbiamo applicato loro delle maschere in osso di limulo, decorate secondo le usanze dei custodi, per amplificare il potere terrorizzante del loro sguardo. Inoltre li abbiamo forniti di tuniche bordeaux, complete di cappuccio, per renderli più resistenti alla luce”.
“Il bordeaux consona in modo delizioso con il colore della nostra bandiera: ottima scelta” ammise Gangiorg.
L'ostaggio urlò quando si accorse che il revìv gli si avvicinava in modo minaccioso.
“Spaventoso al punto giusto: la sola vista può procurare molte notti insonni anche agli uomini più valorosi. Durante il periodo di sperimentazione ho dovuto sacrificare la sanità mentale di molti dei miei ricercatori: anche per questo spero che il gioco sia valso la candela” gracchiò Giasu.
“Questo vuol dire che non avete ancora pensato a un possibile utilizzo in ambito bellico, giusto?”.
“E' una creatura difficile da controllare: attaccherebbe tanto i nemici quanto gli alleati. Inoltre, lo sai: i nostri evocatori non hanno mai dimostrato grandi doti, fatta eccezione per Vital, si intende. Penso comunque che pochi tra i nostri uomini sarebbero in grado di gestire una creatura come questa”.
“Quindi a cosa dovrebbe servire?” chiese Gangiorg.
“Per riempire trappole, fosse di confine, infestare villaggi, torturare i prigionieri. In guerra potrebbero costituire la prima linea, ma solo durante attacchi notturni”.
Il prigioniero ritornò a urlare, terrorizzato.
“E' interessante. Avete già interrogato il custode?”.
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“Non in modo integrale”.
“Allora blocca il revìv, prima che lo finisca” lo ammonì Gangiorg.
Giasu, prima ancora di rispondere, tirò la fune per illuminare ancora di più la stanza, poi si diresse verso una sorta di grande lente, e la frappose tra la cella e il lunotto: il risultato fu la proiezione di un raggio concentrato contro il revìv. La creatura, colpita dalla radiazione luminosa, mugugnò in modo inquietante, e rivolse il volto mascherato al soffitto, apparendo stordita. Il custode prigioniero ne approfittò subito per lanciarle contro una palla infuocata: la tanto ammirata tunica bordeaux fu in breve ricoperta dalle fiamme.
“No, così non va: non puoi dargli fuoco!” protestò Giasu.
Corse all'angolo della stanza per reperire un secchio pieno d'acqua, e rovesciarlo sopra la creatura.
“Stammi bene a sentire: qui non si scherza, qui si risponde alle domande” cominciò Gangiorg, rivolto all'ostaggio, “le interrogazioni precedenti erano solo delle prove per testare la tua predisposizione a collaborare. Adesso, se non ci darai delle spiegazioni soddisfacenti, lasceremo che quell'essere prosciughi a poco a poco la vita che ancora alberga nel tuo corpo: capirai che ti conviene fare il bravo”.
Il custode si fermò a un angolo della cella, si calò il cappuccio bruno sulla fronte, e cominciò a stropicciarsi la veste con la mano destra.
“Non so niente” disse.
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“Menzogne!” sentenziò Gangiorg, “sappiamo che la maggior parte di voi custodi è sempre in contatto telepatico con gli altri, e al corrente di ogni operazione”.
“Non è del tutto esatto” rispose il prigioniero dopo un'iniziale esitazione, “se così fosse, sarebbe troppo facile localizzarci, oppure ottenere informazioni...”.
“Noi conosciamo il genere di informazioni che un misero sottoposto come te potrebbe conoscere: non ci aspettiamo di certo che tu ci riveli i segreti più compromettenti dell'organizzazione, stupido” esclamò Gangiorg.
“Non so molto, non saprei cosa potrebbe interessarvi...” rispose lui.
“Perché ti trovavi nascosto in quella fattoria ad Ahran?” chiese Giasu.
Il prigioniero cominciò a piagnucolare.
“Aspettavo un contatto, come tanti altri di noi” rispose.
“Libera il revìv” ordinò Gangiorg.
Giasu gli rivolse uno sguardo, nel tentativo di decifrare le sue intenzioni.
“No, aspettate! Aspettate! Posso dirvi dell'altro” esclamò il prigioniero.
“Cioè?” chiese Gangiorg, impaziente.
“La prescelta, la chierica di Cameminia...Juneh! Lei è ancora viva! E' con una dei nostri”.
“Juneh, il quarzo ialino?” gracchiò Giasu, sorpreso.
“E' con una dei vostri? Dove sono diretti?” chiese Gangiorg,
“Sono diretti verso una fenice, la più vicina a loro. Non so dove si trovi”.
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“Una fenice tenuta nascosta da qualche parte...” rifletté ad alta voce Gangiorg.
“Ormai dovrebbero averla già raggiunta” aggiunse il prigioniero.
Gangiorg si rivolse a Giasu: “vale la pena occuparsi della faccenda: localizza i possibili nascondigli delle fenici intorno a Cameminia. Hai a disposizione cinque dei miei cavalieri di viverna. Inoltre cerca di entrare in contatto con quei tre sfaccendati e il loro uccellaccio: quando servono non ci sono mai!”.
Giasu si mobilitò subito per ottemperare alle richieste.
Gangiorg, invece, rimase a interrogare il custode, ma, quando si accorse di non riuscire a cavargli fuori altre utili notizie, decise di liberare la creatura dalla sua prigione di luce, spostando il supporto al quale era collegata la grande lente.
“Aspetta! Ma cosa fai? Io ti ho risposto! Ti ho aiutato! Ti ho detto tutto...tutto quello che so!” protestò il prigioniero, in preda al panico.
“Tranquillo, lo so che sei stato sincero con me. Vedi, il fatto è che quest'essere non si ciba da un po' di giorni, e inoltre il bestiame si acquista a caro prezzo negli ultimi tempi, quindi, dimmi tu: come faccio a negargli un pasto bello e pronto proprio adesso?”.
“Ma come? Ho tenuto fede ai patti! Ti ho detto tutto! Liberami! Liberami! Ti supplico, liberami! Ti imploro!”.
Il revìv cominciò ad avvicinarsi con passo incerto e ondeggiante.
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10

“Dai, non ti preoccupare: scommetto che la tua è stata una vita piena e che adesso non hai alcun rimpianto. Se invece è la sofferenza della morte che ti spaventa, considera che il revìv non farà altro che succhiarti tutta l'energia vitale dall'esterno, senza torcere nemmeno un capello al tuo prezioso corpo: sarà come un meraviglioso incubo a occhi aperti”.
“Lurido bastardo! La tua parola vale meno di niente! Che gli dei possano farti patire i dolori di mille dardi infuocati! Che il vuoto cosmico possa risucchiarti!”.
Gangiorg tirò la fune che controllava il lunotto di vetro. La luce si fece sempre più fioca all'interno della stanza, fino a svanire del tutto. I versi agghiaccianti della creatura, insieme alle urla disumane del prigioniero, risuonarono per le buie segrete del castello. Qualcuna delle guardie sentì, ma subito si impose di cancellare tutto dalla propria mente, nella speranza di non udire mai più nulla di simile.
 
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